Si è diffusa a macchia d’olio la notizia della salsa cinese scambiata per italiana. Quali sono i marchi coinvolti?
Il settore dell’alimentazione è sempre fortemente messo in discussione a causa dei numerosi attacchi. Sono tanti infatti i reati di contraffazione che purtroppo emergono nella vita tutti i giorni, una tipo di reato che non investe solamente l’abbigliamento o il settore delle calzature, ma anche i beni di prima necessità come il caso scoppiato in questi giorni e che ha fatto scattare l’allarme in tutti i supermercati. Protagonista di questi affari illeciti è la salsa di pomodoro; prodotto di cui se ne garantisce la sicurezza visto il suo consumo molto diffuso, protagonista di numerose preparazioni ma soprattutto alimento introdotto nell’alimentazione anche dei bambini.
Il caso è stato sollevato da un’inchiesta giornalistica della BBC che ha scoperto molti prodotti alimentari cinesi, provenienti dalla regione dello Xinjiang ma etichettati come italiani. Questa notizia ha fatto scattare ovviamente l’allarme; dov’è la trasparenza della etichettatura alimentare? Per non parlare anche delle implicazioni etiche e sociali legate all’origine delle materie prime
Una copiosa indagine che ha coinvolto 64 prodotti di cui 17 sono risultati contenenti pomodori coltivati in Cina ma commercializzati in altri paesi come Regno Unito, Stati Uniti e Germania, con etichette che garantivano l’origine italiana. Le catene di distribuzione coinvolte tra cui Tesco, Asda e Waitrose, hanno respinto le accuse contestando i metodi di analisi utilizzati in questo campione prelevato. Ad ogni modo alcune catene, come Tesco e Rewe hanno ritirato i prodotti sospetti mentre Lidl ha ammesso di aver riscontrato un problema analogo in una purea di pomodoro venduta in Germania.
I problemi sono tanti, non solo la trasparenza dell’alimento ma anche le questioni etichette enunciate. Senza dimenticare l’implicazone etico-ociale; i pomodori provengono dalla regione cinese coinvolta da sempre nelle accuse internazionali per violazione dei diritti umani. La scoperta dei pomodori provenienti da questa zona ha sollevato un plus di preoccupazione, nonché una buona dose di indignazione. Tra i protagonisti principali dell’inchiesta vi è il gruppo Antonio Petti fornitore italiano che avrebbe ricevuto 36 milioni di chili di salsa di pomodoro cinese tra il 2020 e 2023.
Nonostante le accuse, il caso è stato chiuso senza condanne. L’azienda comunque ha dichiarato di non acquistare più materie prime dalla Cina ed intensificare i controlli per assicurare il rispetto dei diritti umani. La Coldiretti ha espresso della forte preoccupazione a seguito di questa inchiesta sottolineando l’importanza di un’etichettatura obbligatoria e scrupolosa. Un sistema che tenga conto di tutte le informazioni necessarie per capire e conoscere bene il prodotto. La questione solleva un altro polverone; l’invasione dei mercati europei con prodotti contraffatti. Una piaga contemporanea, la percentuale sta diventando sempre più elevata e stai coinvolgendo sempre più prodotti.
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